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A come Anderson (seconda parte)

Un viaggio attraverso il cinema contemporaneo, tra le opere di un sarto della pellicola


Tra petrolio e rassegnazione

Nel 2007 la carriera di Anderson conosce una svolta. Il petroliere è un film completamente diverso rispetto ai precedenti: PTA realizza il suo Birth of a Nation. There will be blood (titolo inglese) è un film che va a cercare i fondamenti della società americana. Li trova nel sangue, nel capitalismo basato sulla frode e la corruzione, in un fondamentalismo religioso acritico. La lotta tra il predicatore Eli (Paul Dano) e il petroliere Daniel Plainview (Daniel Day Lewis) trova la risoluzione in un campo da bowling dove l’uomo viene ridotto a scimmia capace solo di provare pulsioni aggressive. Tutta l’opera è un capolavoro! I primi 15 minuti muti, dove avviene la scena dello scavo, sono attimi di puro metacinema. PTA indica che il suo film vuole mirare a scavare in un territorio arido quale era la parte di America ancora non civilizzata di inizio ‘900. Inoltre, l’uso del muto è un altro riferimento al Maestro: è proprio da Kubrick da cui parte la ricerca di PTA. Come in un film del regista di “Arancia Meccanica”, la tematica principale è l’ossessione e la bestialità.

La fotografia di Robert Elswit è semplicemente favolosa, volutamente sporca, in perfetta sinergia con la musica di Johnny Greenwood dei Radiohead. La regia di Anderson è ai massimi livelli e tutto viene girato nei minimi particolari. Menzione speciale al doppiaggio italiano che dà piena dignità al film, al contrario di altri film di Anderson, come “Il filo nascosto” dove il doppiaggio rovina talvolta l’interpretazione degli attori.


Passati 5 anni, Anderson si cimenta in un altro progetto: The Master. The Master viene considerato da molti un banale film su Scientology. In realtà la ricerca di Anderson si concentra su tutt’altro. Per quanto la causa e i metodi ricalchino in maniera molto furba stereotipi e verità della famosa setta, PTA vuole delineare il rapporto hegeliano servo-padrone tra Freddie Quell (Joaquin Phoneix) e Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman). Nel suo stile di vita completamente anarchico, Freddie intravede in Lancaster Dodd un modello da seguire e un padrone a cui obbedire. Al contrario, Lancaster scorge in Freddie un servo da cui dipendere per la realizzazione della sua Grande Opera. Freddie tuttavia, in una bellissima scena girata in mezzo al deserto, giunge a liberarsi dal vincolo servo-padrone per vincolarsi unicamente a sé stesso. La splendida scena d’amore e sesso finale, dal vago senso ironico, dimostra ciò in maniera definitiva. PTA si dimostra capace ancora una volta di indagare la psiche umana, non disdegnando i riferimenti ai grandi maestri (Altman, Kubrick e Welles).

Dopo soli due anni, Anderson realizza Inherent Vice, giunto in Italia col titolo Vizio di forma, completamente antitetico al senso del film ed allo stesso titolo originale! Ancora una volta Joaquin Phoenix è il protagonista. Inherent Vice è forse l’unica vera toppa nella carriera di un grandissimo. L’atmosfera volutamente fumosa e lisergica della regia, unita a buchi evidenti nella sceneggiatura ad essere una sequenza di grandissime scene dal punto di vista formale e tecnico. Purtroppo, però, più volte è la noia a farla da padrone. L’intento di produrre una sensazione di rassegnazione fallisce nella confusione generale. Inoltre, la spiegazione finale appesantisce ulteriormente un film già pesante. PTA dimostra sicuramente di essere ancora un grandissimo regista, ma sembra più volte perdere contatto con la narrazione.


Pigmalione

L’ultimo film è Il filo nascosto, forse il capolavoro definitivo della carriera del regista californiano. Anderson si concentra nuovamente su una storia d’amore che si fa e disfa nel tessuto di Reynolds (Daniel Day Lewis). Anderson mostra in questo film la sua capacità incredibile di girare in interni, l’uso reiterato e perfetto del piano sequenza, l’abilità nel districarsi fra più piani. Il filo nascosto è una moderna versione del mito di Pigmalione. Eppure in questo film capita qualcosa di diverso dal celeberrimo mito: il personaggio femminile diviene a sua volta Pigmalione. Architetta progetti per rendere lo stilista vulnerabile ed amabile. Una relazione quindi basata su una costruzione reciproca. Inevitabile è il paragone regista-opera cinematografica: è il regista ad avere il controllo sull’opera o il contrario? Anderson mostra una storia d’amore dalle infinite sfumature e, allo stesso tempo, una riflessione sul concetto di autorialità. La fotografia, accreditata a tutta la troupe ma opera principalmente dello stesso Anderson e di Elswitt, raggiunge livelli sublimi, paragonati al Barry Lyndon di Kubrick. La ricostruzione storica e l’interpretazione stupenda degli attori rendono il Filo Nascosto una delle poche grandi opere degli anni ’10 e un importante punto di partenza per il cinema del futuro.

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