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Luca Vittori

Test d'ingresso.

Il primo giorno di Università proprio non lo ricordo. Così come non ricordo il secondo, il terzo e neppure il quarto. A pensarci bene, temo di aver dimenticato l’anno intero. Così, la memoria più forte rispetto al primo anno di studi risulta il test d’ingresso.


Siamo nell’agosto del 2014 e uno dei tanti padiglioni della fiera di Bologna ospita centinaia di ragazze e ragazzi, spaesati e speranzosi, in cerca di un voto almeno sufficiente per entrare di diritto nella lista degli studenti di scienze motorie. Tra la folla, incontro qualche conoscente e scambiamo due battute, ma presto cala il silenzio. Dobbiamo capire al meglio le istruzioni urlate da due dei tanti commissari. Subito veniamo divisi tra chi ha fatto domanda per studiare a Bologna e chi a Rimini. Io in quest’ultima, dove ci sono 100 posti a disposizione per circa 150 studenti. Non impossibile visto che ho studiato qualche mese sui libri di quiz consigliati, ma neppure scontato.

Come sempre, Vittori (il cognome mio) sarà uno degli ultimi chiamati. Per forza di cose, quindi, la scelta del posto risulterà drasticamente ridotta a qualche banco in prima fila o ai margini di gruppetti ben definiti. Per mia grande felicità, i conoscenti di cui prima sono riusciti a riservarmi una seggiola nella loro cerchia. Onestamente non saprei dire se avessero aspettative del tipo “sembra uno che ha studiato” oppure “vedrai ci farà copiare tutto”, ma ho apprezzato il gesto. Il compito è diviso in cinque parti: cultura generale, sport, logica, fisica e chimica. Nelle ultime due sono una pippa. Non so praticamente nulla. E cosa ci si può aspettare da un ragazzo uscito da ragioneria due anni prima (con solo sogni calcistici nella testa) di rispondere correttamente a venti domande tra chimica e fisica? Io voglio fare sport, mica chimica e fisica! Inizio a fare calcoli sul possibile risultato finale, senza rispondere a quei maledetti quesiti. Tuttavia, presto capisco che qualche risposta corretta la devo trovare. Leggo e rileggo, provo a ragionare ma qui la logica non serve, o meglio, a quelle domande ho già dato risposta. Inizio a preoccuparmi e lentamente alzo la testa una, due, più volte, in cerca di attirare l’attenzione di qualcuno. Finalmente la ottengo. Una ragazza seduta poco più avanti sulla destra nota la mia agitazione. Riusciamo a scambiarci le conoscenze mancanti (molte più le mie delle sue) e ringrazio. Appena finito, mi trovo io nei panni del suggeritore e trasmetto il sapere appena acquisto ai vicini, ora tutti con la testa levata. Mi alzo e consegno tra i primi.

Circa tre settimane più tardi escono i risultati. Terzo in graduatoria. Certamente un ottimo inizio, ma rimango con il dispiacere di essermi classificato meglio rispetto a chi gentilmente mi ha aiutato. Ma questo non è un problema, mi rifarò negli anni futuri a suon di passaggi in macchina e caffè offerti alle macchinette.

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