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Scelta universitaria

Quando si arriva in quel momento della propria vita in cui bisogna scegliere l'università, ci si deve ritenere fortunati se si ha già ben chiara la propria strada. È normale trovarsi in una posizione di difficoltà e di incertezze, in cui bisogna mettersi in discussione.

Io ero molto insicura sulla scelta da fare, però ritenevo fondamentale che dovessero convergere alcuni elementi nella facoltà che avrei scelto.


Innanzitutto, nel prendere una decisione così importante, si parte dal presupposto che la scelta debba ricadere su una facoltà che rispecchi le proprie passioni e i propri interessi. Sarebbe assurdo sperare di poter studiare per anni materie che non rientrano nei propri gusti e preferenze, senza correre il rischio di uscirne pazzi. L’università occupa infatti ore ed ore delle giornate di chi la frequenta, tra i corsi da seguire e il tempo passato a studiare sui libri.

Questi ultimi cambiano negli anni e non ci si deve stupire se, giunti al termine delle scuole superiori, essi non sono più gli stessi rispetto a quelli degli anni passati. È possibile, come ho potuto notare da un’esperienza reale, iniziare il liceo classico con la ferma convinzione di iscriversi, dopo il diploma, a giurisprudenza e poi optare per la facoltà di ingegneria aerospaziale. Non è da stupidi mutare le proprie convinzioni. Anzi, lasciarsi interrogare e mettere in discussione da ciò che ci circonda è sintomo di grande intelligenza.

In pochi mesi è possibile scoprire la bellezza di una materia e la piacevolezza che deriva dallo studiarla, anche quando mai avremmo pensato di appassionarci ad essa. Ad esempio, io solo durante l’ultimo anno mi sono avvicinata a materie come storia dell’arte e filosofia, con cui, gli anni passati, non avevo trovato una particolare affinità. L’ultimo anno di liceo seguivo le lezioni dedicate ad esse con grande piacere. Forse perché apprezzavo il metodo di insegnamento della nuova professoressa, o forse gli argomenti che erano in programma mi coinvolgevano maggiormente di quelli degli anni passati. Comunque, per un motivo o per un altro, le mie preferenze erano mutate in pochi mesi e io sentivo il desiderio di volerle approfondire.


Un altro elemento da tener presente durante questa scelta così importante sono le offerte lavorative che ogni facoltà potenzialmente offre.

È fondamentale domandarsi quali porte una determinata università apre sul mondo del lavoro. Quindi, mentre pensavo alla scelta, provavo ad immaginarmi in uno e poi in un altro ambito: in un laboratorio di scienze o dietro ad una cattedra scolastica…

È necessario fare una breve ricerca sulle lauree più richieste nel mondo del lavoro, per essere consapevoli a cosa si va incontro. Ogni scelta infatti comporta un rischio e dunque bisogna passare in rassegna quelle che non escluderemmo a prescindere, prestando attenzione anche a cosa conseguirebbe da ognuna di esse.





Nel mio caso ho avuto fortuna: una mia compagna di classe del liceo si sarebbe recata a Milano per svolgere il test d’ingresso per la facoltà di economia. Così mi chiese se fossi interessata ad andare con lei. Fu così, del tutto casualmente, che iniziai ad informarmi a proposito di quella materia che non era mai stata nei miei interessi. Quel pomeriggio, scorrendo svogliatamente e in maniera distratta le informazioni sui corsi, ne notai uno in particolare che attirò la mia attenzione: “Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo”. Si trattava di un’interfacoltà di economia e lettere che appunto coniugava i corsi di questi due ambiti. Non avrei mai pensato di trovare un’opzione che comprendesse storia dell’arte e altre materie umanistiche, di cui altrimenti avrei sentito la mancanza dopo il liceo, e ciò che in futuro mi avrebbe dato un ampio sbocco lavorativo. Non dico che fossi subito pienamente convinta che quella fosse la mia strada, ma, informandomi sui corsi che avrei frequentato, mi immaginavo immersa nello studio di quelle materie, che a primo impatto sembravano incuriosirmi e stimolarmi.

Ero consapevole che, provenendo dal liceo classico e non essendo mai stata brava nelle materie scientifiche, mi sarebbero risultati molto complessi gli esami di matematica e di economia. Però sono convinta che si frequenti l’università per imparare: ciò significa che meno nozioni si hanno riguardanti una materia, più la possibilità di studiarla diventa un modo per ampliare le proprie conoscenze ad ambiti nuovi.


Superato il test d’ingresso, si trattava solo di mettermi in gioco con tutta me stessa e iniziare questo percorso. Ad oggi, passati solo nove mesi dall’inizio del mio primo anno di università, sono felice della scelta fatta.


Voglio chiarire che, nel prendere questa decisione, ragionamento e istinto non si devono escludere.

È fondamentale, infatti, saper cogliere anche gli stimoli dettati dalla propria indole. Intendo proprio quei brividi che si sentono sulla pelle o quell’emozione che nasce quando scopriamo per la prima volta qualcosa che crediamo, a primo impatto, potrebbe fare per noi, anche non conoscendone subito le ragioni.

Ho compreso poi che la mia prima impressione su quel corso di studi era giusta. Quando? Dopo aver trascorso ore, anzi giornate, ad esaminare le informazioni riguardanti la facoltà sul sito dell’università. Dopo essere andata all’open day e dopo aver chiesto l’opinione su di essa a studenti che già la frequentavano. Sentivo ancora e, anzi, più forte, che potesse fare al caso mio.


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