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Della Del Cherico

Quando essere fuori corso diventa uno stile di vita

Diversamente giovani.


Quando ritardi a conseguire la laurea è facile essere oggetto delle spiacevoli attenzioni di amici e parenti che spesso si traducono con le solite domande del tipo “Ma non ti sei ancora laureata?” “Quanto ti manca?”, e parlo dei meravigliosi trent’anni.

Verso i quaranta i commenti si colorano di un impudico sarcasmo, affatto velato, che porta i tuoi interlocutori a finissime considerazioni motivazionali-economiche quali: “Davvero sei ancora iscritta?” “Ma ci paghi ancora le tasse?”. Poi arrivi alla cinquantina e sei salva! Nessuno si ricorda più che tu abbia mai frequentato l’università, i parenti sono deceduti o troppo anziani e gli amici, tuoi coetanei, sono impegnati ad inseguire le proprie frustrazioni per preservare la velleità di ricordarti bellamente le tue. Finalmente, sei libero di essere fuori corso!

Conscio di questo tuo nuovo felice stato, puoi anche finire in sordina quei maledetti ultimi esami che da trent'anni mancano all’appello, senza che nessuno dica nulla. Credete, è davvero così, perché se in preda all’entusiasmo, lo comunichi a sorpresa alle amiche, quelle pensano ad una crisi esistenziale indotta dalla menopausa. Ringraziano in cuor loro di avere soltanto delle normalissime “caldane” e ti sorridono con pietosa compiacenza, cambiando discorso.


Sono fuori corso ed è passata una vita, ma ricordo ancora la sensazione di quando ero matricola, il famoso sentirsi “un pesce fuor d’acqua”, ed ora dopo tanti anni e mille cambiamenti tecnologici e istituzionali, affronto il mondo universitario in maniera consapevole e diversa: con sommo terrore, sentendomi come un alieno precipitato in un pianeta ostile.

Ultimamente frequento l’Ateneo per le ricerche della tesi (eh sì, anche le cose più belle devono pur giungere al termine!). Passeggio per sale della Biblioteca intitolate alla memoria di professori che firmarono il mio libretto, e capisco che con loro non esiste più neanche la mia università. Mi viene da pensare che persino gli esami sostenuti con loro ora non li avrei potuti preparare, abituata com'ero a studiare, bivaccando nelle lunghe file in segreteria.

L’ultima volta che sono stata in segreteria, dopo che sono riuscita finalmente a trovarla, non solo era vuota, ma gli impiegati mi hanno chiesto un po' infastiditi le ragioni della mia inopportuna presenza, e perché mai non avessi usato l’accesso informatico.

Non è mica facile chiedere all’accesso informatico le cose importanti, come ad esempio, sapere se è ancora necessario riconsegnare il libretto cartaceo prima di sostenere la discussione di laurea o potere far finta di averlo perduto, come si faceva un tempo, per tenerselo.

Non è cosa da poco: ci tengo moltissimo al mio povero vecchio libretto, silente testimonio del mio glorioso stato di “fuori corso a vita”, mio personale talismano dal fascino culturale vintage e soprattutto sfizioso oggetto di curiosità archeologica presso gli astanti ai miei ultimi esami.

Ripensandoci c’è da sperare che in segreteria non sappiano che lui, come me, sia un sopravvissuto, e che quindi me lo possa trattenere anche quando rinuncerò a questo felicissimo stato di” fuori corso”, cedendo miseramente alle lusinghe di una laurea che nessuno, me compresa, si aspetta più.

Comunque sia, io non intendo separarmene, e loro non lo avranno mai e poi mai, perché io lo saprò difendere strenuamente, anche a costo di non laurearmi mai!

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