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Dipendenze?

Dialogo con il dottor Polidori


Un mercoledì sono andata a intervistare il dottor Polidori.

Edoardo Polidori è laureato in medicina ed è docente nella facoltà di Psicologia e Scienze della Formazione nella sede di Rimini dell’università di Bologna. Ha partecipato a numerosi programmi di ricerca ed è autore di articoli in riviste italiane e internazionali nel settore delle dipendenze.


Incontro il dottor Polidori verso sera, prima di un evento dal titolo “Genitori e figli di fronte alle droghe: ipotesi per un dialogo possibile”. Entrambi eravamo arrivati pressoché nello stesso momento e aspettavamo l’apertura del portone dell’edificio. Gli chiedo se è il dottor Polidori. Doveva essere lui, perché aveva uno zainetto ovale sulle spalle che, si sa, è il tratto distintivo dei medici in trasferta.

Mi risponde che in realtà è un ingegnere. Non c’era un’inflessione della voce che facesse capire che era uno scherzo né ha fatto un'espressione facciale da cui lo potessi dedurre. Rido e gli spiego chi sono, incerta in realtà se la sua fosse una battuta. Entrando nell’edificio, Polidori resta in silenzio.

Entrati, silenziosamente accende il computer. Avvia Acida dei Prozac+ per fare una prova audio e video per l’incontro successivo all’intervista. Mi rendo conto in quel momento che ci sono due possibilità. La prima: ho di fronte una persona che condanna il mondo delle sostanze stupefacenti come il male assoluto e cerca di dimostrarne la dissolutezza anche con le canzoni. La seconda: ha un senso dell’ironia abbastanza spiccato da voler sperimentare la reazione di tutti nella sala con un gesto inaspettato.

Non so gli altri ma io volevo ballare.


Inizia l’intervista.


Cos'è una dipendenza? Qual è il confine tra abitudine, anche malsana, e dipendenza?

Una dipendenza è qualcosa che è talmente importante per cui sono disposto a rinunciare a tanto altro, pur di continuare quel comportamento. Non tutte le dipendenze sono negative, faccio un esempio: tutti noi dipendiamo dagli affetti, dall’acqua…. Quindi ce ne sono alcune che fanno parte della vita e aiutano anche a vivere meglio.Poi ce ne sono altre che diventano distruttive. Queste sono patologiche: mi rendo conto incidano negativamente sulla mia salute e sulle mie relazioni con gli altri, ma tutto passa in secondo piano perché per me la cosa importante è agire in quel comportamento, che sia legato a una sostanza o che sia il gioco d’azzardo, non è indispensabile che ci sia di mezzo una sostanza.

Diciamo che la dipendenza è quella cosa senza la quale io faccio fatica a vivere il mio quotidiano.


Io penso che una dipendenza sia ciò che toglie libertà. Tuttavia, credo anche che ognuno abbia il diritto di gestire la propria libertà, altrimenti non sarebbe tale. Quindi, quando intervenire non è un affronto alla libertà individuale? Quando non si è più in grado di gestire la propria libertà o vale la pena di intervenire prima?

Come esempio stiamo sulla sostanza più diffusa nella tua fascia di età (n.d.r. venti anni) la cannabis, scelgo una sostanza illegale, ma potrei dire le stesse cose sulla birra o sulle sigarette.

Io sono un’adolescente che ogni tanto si fa una canna, avrai tanti amici o tante amiche che lo fanno.

Questa non è una dipendenza, questo è un uso: significa che nella vita quotidiana normale, nella mia settimana normale, c’è la possibilità che un amico una sera mi chieda di fare una canna. È un uso perché è compatibile con la vita normale, con lo sviluppo normale della persona e delle relazioni amicali.

Poi c’è l’abuso che è un’altra cosa: “pensavo di uscire con i miei amici per farmi una birretta, torno a casa che mi sono bevuto cinque birre, due shottini…”.

Mi rendo conto che sono andato oltre: non era quello che volevo fare uscendo, ma nel momento in cui ho iniziato ad agire in quel comportamento, questo mi è sfuggito di mano.

Mentre l'uso è caratterizzato dal controllo, l’abuso è caratterizzato dalla perdita del controllo.

Poi c’è la dipendenza, che è un passo ancora in avanti: “Io senza quella cosa non riesco a vivere, sento che mi manca qualcosa”, “io prima di andare a scuola devo farmi una canna, altrimenti sento che non ce la faccio”, “io tutti i giorni mi devo fare cinque o sei, sette canne se no non riesco a vivere.” Questa è la dipendenza. L’uso non è mai patologico, il rapporto con le sostanze di abuso e dipendenza, invece, sono caratterizzate dalla perdita di controllo e questo diventa patologico.

Se la tua domanda è quando intervenire, si può intervenire con la prevenzione quando c'è l'uso, che non vuol dire impedire ma avvisare: “stai attento, mantieni le antenne dritte, renditi conto di quando perdi il controllo”. Invece, l’abuso e la dipendenza sono le situazioni in cui intervenire perché il controllo è saltato. Quindi, si può intervenire nell’uso con la sensibilizzazione al problema, nell’abuso e nella dipendenza con un apporto terapeutico.


Ci sono dipendenze non nocive? Penso che siamo d’accordo su quanto siano distruttive le droghe pesanti, ma l’abuso di pornografia o il gaming, ad esempio, che non hanno conseguenze della stessa portata, le ritieni dipendenze per cui bisogna fare qualcosa o in fondo è un modo di passare il tempo?

No, ci sono forme che sono dipendenza. Forse si fa anche fatica a dirlo, ma sicuramente la pornografia durante il lockdown è stata una valvola di sfogo per molti. Sicuramente per alcuni è un problema, se diventa privilegiarla rispetto a una relazione sessuale normale: è tutto una questione di bilanciamento. Tutto può essere uno sfogo ma tutto può diventare un problema.

La stessa cosa per il gioco: se questo incide sulla mia vita quotidiana, se sto sveglio tutta la notte per giocare, questo comincia a diventare un problema. Se ogni tanto sto alla playstation o al computer a giocare questo fa parte del normale relax, come nella cannabis. Se ogni tanto mi faccio una canna è una cosa, se non so vivere senza, ne diventa un’altra.


La domanda dopo è proprio sulla cannabis: l’uso di droga leggera, come la cannabis, se non frequente, magari con amici o in momenti stressanti, ha tante ripercussioni negative? La società la condanna ma è veramente peggiore della nicotina delle sigarette in termini di creare dipendenza e di danni all'organismo?

No, le sostanze più nocive sono nicotina e alcol. Sono le due sostanze più nocive che esistono e sono causa del maggior numero di morti in tutto il mondo. In Italia ci sono in media 80.000 morti all’anno per nicotina, 30.000 per alcol, 0 per cannabis: questa è la mortalità.

Il problema con la cannabis è che è illegale e questa è una cosa con cui bisogna fare i conti, nel senso che finisce per incidere sulla vita. Il senso lo posso spiegare con una storia personale. Un mio collega inglese, una decina d'anni fa, era entrato tra i candidati a un posto importante nel governo inglese.Doveva essere il responsabile delle politiche antidroga nel Regno Unito. Non lo presero perché risultò che a 17 anni era stato fermato per cannabis. Un ragazzino tende a sottostimare il rischio di alcuni comportamenti, che possono incidere, anche in maniera importante, come non ti aspetti.

Per fare un altro esempio, un mio amico raccontava che, in un'epoca della preistoria, ai tempi in cui uno appena finiva ragioneria andava a lavorare in banca, un suo compagno non venne preso perché aveva un tatuaggio. Bisogna collocare alcuni comportamenti all’interno dei contesti culturali: che mi piaccia o meno la cannabis occupa tuttora un’area di illegalità. Questo ha vari aspetti: posso essere fermato e sono disposto a entrare in contatto con l’illegalità, anche questo non è indifferente.

La cannabis come sostanza è una delle più innocue che ci sia.Ragionerei più sull’aspetto della legalità, su cui ci sono due posizioni.

Un mio collega inglese afferma che vada legalizzata perché è innocua ed è assurdo che un governo dichiari guerra alla cannabis quando molti la fumano: è una guerra che sta evidentemente perdendo e non è un bel messaggio.

Al contrario un mio collega spagnolo, proprio per l’innocuità della cannabis, la terrebbe vietataperché, se la legalizzassero, la trasgressione dell’adolescente si sposterebbe sicuramente su una sostanza più pericolosa.

Sono due atteggiamenti diversi, abolire l’illegalità o mantenerla con sanzioni diverse, magari una multa consistente, che costringa il ragazzino a confessare ai genitori di avere trasgredito senza andare sul penale.

Io personalmente la legalizzerei.Non vorrei mai che una persona di 15-16 anni che fuma avesse come interlocutore un prefetto o un magistrato piuttosto che un educatore o un medico.

Aggiungo che non sono d'accordo sui termini che hai usato “leggero” e “pesante”.E’ una classificazione che è sempre andata di moda fra voi ragazzi, ma non dice niente sulle droghe. Cos’è leggero o pesante? Chi lo decide? La sigaretta è leggera o pesante? Ha un maggiore numero di morti! Diventa difficile: il leggero e pesante dovreste abituarvi a non collegarlo a una sostanza ma al rapporto con la sostanza, cioè con tutte si può avere un rapporto leggero o pesante. Leggero e pesante qualifica il rapporto non la sostanza.Se mi fumo una canna ogni tanto, ho un rapporto leggero con la cannabis.Se invece sono sette, otto, nove al giorno, ho un rapporto pesante con quella sostanza.


Per quanto riguarda l’abuso di alcol o l’abitudine di fumare, mi sembra che i film d’azione, per fare un esempio, portino avanti un’associazione tra questi e il protagonista eroico. Mi spiego: noto nei ragazzi, soprattutto nei più piccoli, che la percezione che fumare ti renda più apprezzabile dai coetanei sia la ragione principale per iniziare a farlo. Quindi ti chiedo: che ruolo gioca l'immaginario?

Fortissimo.Oggi penso sia difficilissimo veder una qualunque serie televisiva senza vedere alcol.

In tutta la filmologia americana, la prima cosa che fa un adulto quando torna a casa, se è uomo, è bere un bicchiere di whiskey, se è donna, di vino. Così come in qualunque film o serie televisiva che tratti un target giovane, si vedono sostanze, sono dappertutto, hanno una presenza massiccia. Io sono cresciuto in un’epoca in cui la pubblicità delle sigarette nel cinema italiano era obbligatoria. In tutti i film di Nino Manfredi, lui prendeva sempre il pacchetto delle Marlboro e lo metteva in primo piano.E’ ovvio che c'è una forte spinta verso alcuni comportamenti: l'immaginario crea l’immagine e l'immagine crea il comportamento.

È sempre stato così.Ti potrei dire di oggi la stessa cosa di ieri: la musica trap spinge verso un immaginario fatto di soldi, donne e sostanze.


Che percezione hai dei giovani di adesso? Li trovi più fragili in confronto alle passate generazioni o noti cambiamenti nell'età di approccio alle droghe?

L’età di approccio a tutto si è abbassata: si è abbassata l’età delle prime esperienze con le droghe e si è abbassata l’età delle prime esperienze sessuali.

Ho la fortuna di conoscere tanti giovani e li trovo persone assolutamente ragionevoli e con un livello di informazione superiore a quello che avevano i loro coetanei di anni fa. Spesso è un’informazione un po' superficiale, per cui alcune cose andrebbero approfondite meglio, però sono molto fiducioso nelle generazioni nuove, perché lo vedo.

Vado spesso a parlare a Forlì nelle quarte e nelle quinte degli istituti superiori: i ragazzi che vedo sono strepitosi dal punto di vista del ragionamento, dello stare sul pezzo quando si tratta di portare avanti alcuni temi.

Sì, ho una ottima opinione dei giovani di oggi.Poi, per carità, nella mia generazione, come nella tua, le teste di cazzo ci sono sempre state!


Mi avevano detto che sarebbe stato da sciocchi perdersi l’occasione di intervistare una persona del suo calibro. Non so ancora come si misuri il calibro di una persona ma avevano ragione.

Quella sera il dottore ha tenuto un incontro sulle dipendenze: con un'attitudine punk ha rotto pregiudizi, mostrato dati scientifici, parlato del ruolo dei genitori a riguardo e non ha mancato di dare uno scorcio sull’argomento da un punto di vista musicale.

Consiglio a tutti la visione della registrazione dell’incontro che trovate al seguente link: https://fb.watch/5NcFSrapSP/

Grazie per aver letto fin qui e ringrazio ancora il dottor Polidori per la disponibilità.

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